VINO & TERRITORIO

18 lug

VINO & TERRITORIO

«LA MÉRICA» E IL BOOM DELLA VITICOLTURA CASTELVENERESE.

Davanti al mare, gli sguardi dei viticoltori castelveneresi si perdono nella luminosa bellezza delle sue tinte. Quasi affogano, inghiottiti dal rumore delle onde sugli scogli. Assorti nella sua immensità, consapevoli che il mare costituisce un elemento fondamentale nella storia vitivinicola del proprio paese.
Come non immaginarsi gli sguardi persi nel vuoto di chi, nella seconda metà dell’Ottocento, prendeva eroicamente la via del mare, spinto da un sogno di libertà. Politica, religiosa, ma soprattutto economico-sociale.
Quel sogno portava dritto verso «la Mérica», indirizzato principalmente in Pennsylvania. Ma quel sogno presto sarebbe stato pervaso dal desiderio del ritorno. I primi contadini castelveneresi partirono con l’obiettivo di trovare “casa” in America. Ma questa convinzione si dissolse appena giunti Oltreoceano. Sbarcati al porto di New York, costretti al periodo di quarantena da trascorrere nell’isolotto artificiale di Ellis Island, l’ombra di quell’immensa statua, che nell’immaginario collettivo avrebbe dovuto inneggiare alla libertà, divenne subito soffocante.
Il sogno americano andò presto in frantumi. Quel viaggio in America li costrinse a smettere di fare i contadini e di coltivare la terra, rischiando di distruggere quel sapere che avevano accumulato nel loro seppur breve percorso esistenziale.
A loro, come a gran parte degli emigranti del Sud Italia, toccarono esclusivamente i duri lavori di costruire le ferrovie, di minatori, di trasportatori e, nel migliore dei casi, di arare i campi.
I contadini castelveneresi avevano così lasciato il loro piccolo-amaro borgo, ma risoluti a farci ritorno, non appena nelle loro tasche si sarebbe avvertito il tintinnio del denaro. Cosa che puntualmente si concretizzò agli albori del nuovo secolo. Allora, il denaro accumulato in quegli anni rimasti lontano dal proprio paese venne speso per l’acquisto di un terreno e per la costruzione di una casa nel verde della campagna castelvenerese, dove proprio in quel periodo si andava irradiando il modello della viticoltura moderna. Con quel denaro si disegnò, tramite l’impianto dei vigneti, il volto delle dolci colline che circondano il paese.
Gli emigranti ritornarono a fare i contadini. Diventarono viticoltori. Forti di aver conquistato quella libertà, quella dignità che era mancata ai propri genitori. I loro figli potevano finalmente nascere in un podere di proprietà. Ma i benefici dell’emigrazione si irradiarono anche su chi era rimasto in paese. Crebbero i salari, migliorarono i contratti agrari. Si elevò il livello culturale, condizione necessaria a fare di Castelvenere un punto di riferimento nel panorama del vino campano e nazionale.