vino&storia

12 feb

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LE CAVALLETTE E LA NASCITA DELLA VITICOLTURA MODERNA NEL SANNIO.

Era la primavera del 1878. La sera del 25 maggio, tra i poveri contadini di Castelvenere, Guardia Sanframondi e Solopaca iniziò a serpeggiare la notizia che sulla collina Bosco Caldaia «certi animaletti come a grilli salivano sugli alberi fruttiferi e ne mangiavano i frutti». Questi animali furono riconosciuti per cavallette, che si erano moltiplicate tanto che dall’immenso bosco uscivano per devastare anche i fondi limitrofi, concentrando la loro furia sulle viti, gli olivi, i salici e i ciliegi.
Non bastò la richiesta dell’aiuto divino, come non bastarono quattro giornate frenetiche in cui le donne dei diversi paesi, con l’aiuto delle lenzuola, cercarono di catturare nugoli e nugoli di cavallette. Fu necessario passare al taglio e all’incendio. Entrarono in azione circa duemila persone, a cui presto si aggiunse anche una Compagnia di soldati del Genio Guastatori inviata sul posto dal Ministero della Guerra.
In pochi giorni la vasta area collinare modificò completamente il suo volto. L’immenso bosco, che con la fine della feudalità era diventato una grande risorsa utilizzata dai cittadini dei vari paesi per il taglio della legna e per il pascolo, lasciò lo spazio ad uno spettacolo distruttivo, desolante.
Nel giro di un decennio, prima la distribuzione e la divisione delle terre, poi lo sviluppo della viticoltura, trasformarono nuovamente il volto di questi dolci pendii, che oggi rappresentano il “cuore” del ‘Vigneto Sannio’, area dove si produce circa il 40% delle uve prodotte in Campania.
É su queste soleggiate colline che i circa mille conferitori de ‘La Vinicola del Sannio’ allevano vitigni storici. Aglianico, piedirosso, sangiovese, sciascinoso e barbera tra i rossi; falanghina, greco, coda di volpe e fiano tra i bianchi. Da questo patrimonio di biodiversità, nel rispetto della genuinità ed esaltando la tipicità, offriamo ai consumatori vini di qualità, frutto delle caratteristiche bioclimatiche del territorio.

La cronaca delle concitate giornate vissute nella tarda primavera del 1878 a causa dell’invasione delle cavallette è raccontata in un diario di un notaio solopachese, Giovanni Romanelli. Si tratta di un diario che percorre l’intero arco dell’Ottocento.

Nel giorno 25 Maggio di detto anno (1878) verso la sera il sindaco di Solopaca Don Errico Cutillo seppe da un contadino di Solopaca chiamato Biagio Coppola, il quale tiene il fondo vicino al Bosco delle Caldaie, e propriamente nel luogo detto Bagnetelle, che uscivano dal bosco certi animaletti come a grilli cosiddetti, e salendo sugli alberi fruttiferi del suo fondo ne mangiavano la frutta e specialmente danneggiavano le viti, i salci, gli olivi, le ciliege. Allora si fu che il sindaco nel giorno 26 mandò il guardiabosco Domenico Cusani (1830-1890) di Giuseppe, detto per soprannome Sprecchia, a verificare se era vero e se ci erano questi insetti, ne avesse presi due o tre per farli osservare a chi li conosceva. Così fu che allora quando venne il guardiaboschi e portò questi animali furono riconosciuti per cavallette le quali si erano talmente moltiplicate nel nostro bosco che uscivano a devastare anche i fondi limitrofi. Si mandarono quindi al prefetto della nostra provincia di Benevento il quale diede ordine al guardia forestale di portar sopralluogo, il sottoprefetto di Cerreto Sannita un ingegnere del Genio ordinò che tutti i comuni limitrofi di tenimento al bosco fossero andati anche sopra luogo per vedere la realtà del fatto e che mezzi si potessero usare per distruggere dette cavallette o locuste. Così fu che il giorno 28 maggio andammo tutto Solopaca quasi ad assicurarci del fatto ed arrivati al bosco detto Bagnetelle del Comune di Solopaca vedemmo che ce n’era tale una quantità da non potersi descrivere per sopra i cerri le fratte basse, le siepi, per terra non si vedeva più altro che cavallette di mille specie di tutte grandezze di tutte qualità, ed osservate le campagne vicine trovammo le viti, l’uva, gli olivi, salci, canne, ciliegi, tutte rose e rovinate da questi animaletti di guisa che il comune di Solopaca fu obbigato di mandare ogni mattina donne con le lenzuola per andar raccogliendo questi insetti e in due o tre giorni se ne trucidarono 15 o 20 tomoli, ma il rimedio non giovava, quindi il sottoprefetto ordinò che si doveva bruciare il bosco, e così fu perché riunita tutta la popolazione di Solopaca, Guardia, Amorosi, San Salvatore e Castelvenere, uomini e donne incominciarono a tagliare a reciso alberi grandi e fratte basse e gittare a terra. Erano sicuro un duemila persone al lavoro, un paio di giorni si vide che il bosco di Castelvenere si era anche infettato di questi insetti, quello di Guardia si stava infettando così fu che il deputato Don Salvatore Gagliardi di San Salvatore telegrafò al Ministro della Guerra e il giorno 30 del mese di Maggio fece arrivare a Solopaca una compagnia di soldati del Genio Guastatori i quali andarono ad alloggiare alla taverna di Don Pietro Cusani, ed il giorno 31 di detto mese si portarono al bosco di Guardia e là, fatto fascio d’arme incominciarono a tagliare anche essi con scuri, rongilli, e coltellacci, ma intanto mentre tagliavano due soldati vicino ad un cerro di una mediocre spessezza un soldato ferì con la scure il compagno al piede. Lo portarono in mezzo allo stradone dei brizzi, là venne il capitano, tenente e soldati a vedere se la ferita era grave, e siccome si trovava sopra luogo come sindaco di Guardia Sanframondi Don Gaetano Fuschini, il quale era medico e chirurgo, così fu chiamato e veduta la ferita, lo assicurò che era cosa da nulla, gliela cucì con un ago qualunque, e fu posto a riposo.

Nel giorno 1 Giugno dalle nostre fenestre si vedevano fuochi sparsi attorno al bosco Bagnetelle i quali servivano tutti per bruciare centinaia di cavallette che le donne andavano raccogliendo nei fondi limitrofi al bosco e specialmente nei fondi del predetto Biagio Coppole, di Stanislao Campagna e di Francesco Salomone e Matteo Tommasiello, i quali fondi hanno sofferto maggiore danno da queste cavallette. I soldati sono andati anche stamattina al taglio del bosco insieme a circa 2000 e più persaone tra Solopaca, Guardia, San Salvatore, Amorosi e Castelvenere, e più di 500 donne a raccogliere e bruciare detti insetti e speriamo che per domani 2 Giugno si terminasse di tagliare tutti e tre i boschi di Solopaca. Guardia e Castelvenere e posdomani si attaccasse il fuoco.

Oggi 4 Giugno sono andati i nostri guardiaboschi, i soldati e circa 500 persone di Solopaca per accendere il fuoco, ed infatti da Solopaca si osservava verso le 8 e mezzo antimeridiane un grande incendio al bosco Bagnetelle ed a quello di Guardia Sanframondi, il quale bruciò sempre di continuo fino all’ultima foglia senza fare interrompere mai il fuoco, ma quello di Solopaca bruciò fino a mezzogiorno, e non poté proseguire l’incendio pel seguente fatto. C’era una inimicizia antica tra Don Gaetano Marcarelli(1857-1897) di don Errico ed il guardiaboschi Domenico Cusani di Giuseppe, così si andava cercando il momento si dall’uno che dall’altro di venire a vie di fatto. Il signor Marcarelli assisteva al Bosco come membro della Commissione Municipale addetta alla distruzione del Bosco, quindi rappresentava a quel momento il Sindaco. Quando fu dunque all’ora che gli operai dovevano far colazione verso le dieci antemeridiane stavano seduti gli uomini e le donne parimenti proprio da sopra il Casino di Marcarelli da sopra al vallone a parte orientale. Si ordinò dal Cusani a tre operai di andare per acqua dando loro ordine di non dare a bere a chicchessia se non avesse bevuto pria lui. Così fu che andate per acqua dovevano passare qui ste tre donne d’avanti alla compagnia degli uomini per andare dove erano le donne. Quindi nel passare la prima donna coll’acqua, gli uomini le chiesero da bere, e sin giustamente si negò dicendo che l’acqua serviva al Cusani, passò la seconda donna e vi fu lo stesso fatto, passò la terza che fu la figlia di Lazzaro Maiorano a nome Mariantonia, e diede la stessa risposta ad un operaio, allora ci fu che un tal Salamone arrabbiato dalla sete si alzò, e con forza levò alla Maiorano l’acqua e bevette. Questo fatto arrivò all’orecchio del Cusano, si avvanza verso il Salomone e lo minacciò in mille guise dandole del ladro ed altre villanie, il che sarebbe degenerato in fatto grave, se altri operai non fossero accorti. Alle grida di tanta gente accorse il Marcarelli che stava al suo casino congli altri membri della Commissione Don Salvatore Giannetti (1830-1889) e don Gennaro Fasani di don Antonio, ed informatesi dell’accaduto seppe la verità del fatto . Allora ci fu che il Marcarelli fece un’ammonizione al Cusani, e lo chiamò ai suoi doveri di Guardiaboschi e non di sovrastante al lavoro. Il Cusani a questo scattò come una molla, e toltosi il fucile l’impugnò contro il Marcarelli, ed avrebbe sparato al Marcarelli se il signor Fasani non l’avrebbe dato un urto e precipitato in un fosso nel momento che aveva impugnato il fucile. Si sospese per ciò il lavoro, ed il Marcarelli arrivato a Solopaca denunziò questo fatto al Sindaco, che chiamatosi il Cusani lo sospese là, e fattone un esposto fu deferito al potere giudiziario. Quando tutto sarà espletato contro il Cusani, aggiungerò altri particolari inseguito fatte si oppose il fuoco fino al giorno sei al bosco, quando ritornati di bel nuovo gli operai al bosco accesero di nuovo il fuoco, allora lo lasciarono quando mise tutto in distruzione ed in fiamma. Si fece la causa e fu condannato a cinque giorni di arresto, dieci lire di ammenda ed alle spese, ed appellatala solo lire ….. di ammenda.

L’entità di questa invasione fu tale che, alla data dell’8 luglio, il sindaco di Castelvenere, Donato Ciabrelli, impegnò la somma di circa duemila lire per la liquidazione delle spese accorse per il taglio del bosco comunale a causa della distruzione delle cavallette.